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Il Jobs Act e le novità della riforma del lavoro 2018

[vc_row][vc_column][vc_column_text]ll Jobs Act è un piano per il lavoro che contiene una serie di proposte finalizzate a favorire la ripresa dell’economia e dell’occupazione e contiene una serie di riforme del mercato del lavoro promosse da governo Renzi tra il 2014 e il 2015, ma che è comunque in continua evoluzione.

In particolare sono due le novità sulla riforma del lavoro: il decreto legge 20 marzo 2014, n. 34 (meglio noto come “decreto Poletti”, dal nome del ministro del Lavoro Giuliano Poletti) e la legge delega 183/2014, n. 183, che, appunto demanda al governo l’emanazione di una serie di decreti attuativi per le applicazioni delle novità in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive del lavoro, oltre che sul riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva.

Vediamo quali sono le novità introdotte dal Jobs Act e quali le prospettive per il 2018.

Il Jobs Act spiegato in 5 punti

Sebbene la riforma del lavoro sia leggermente più complessa, possiamo riassumere i punti principali per spiegare in cosa consiste e quali sono le novità più significative introdotte dalla nuova legge.

  1. Il contratto a tutele crescenti. Il nuovo contratto a tempo indeterminato viene sostituito dal contratto a tutele crescenti, che prevede l’esclusione del reintegro in caso di licenziamento (a meno che non sia discriminatorio o ingiustificato) e un indennizzo economico crescente di pari passo con l’anzianità di servizio. Il contratto a tutele crescenti comprende anche una serie di sgravi contributivi a carico del datore di lavoro che assume con il contratto unico a tutele crescenti.
  2. Naspi. La nuova indennità di disoccupazione prevede un contributo per chi perde il lavoro e ha almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi quattro anni. L’erogazione è condizionata dalla partecipazione del disoccupato a iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione professionale.
  3. La maternità. La riforma del Jobs Act prevede un periodo di congedo parentale più lungo: fino ai sei anni del bambino parzialmente retribuito e fino a 12 anni non retribuito.
  4. Cassa integrazione guadagni (CIG). Il periodo di erogazione della Cig è più breve, ma viene esteso anche alle piccole imprese oltre i cinque dipendenti, prima escluse.
  5. Riduzione delle tipologie di contratti di lavoro. Il Jobs Act prevede l’abolizione di tipologie di contratto più precarizzanti e più permeabili agli abusi (ad esempio, co.co.pro.), mentre restano attivi i contratti di apprendistato, i contratti a termine e le partite iva.

Lo scopo principale de Jobs Act è semplificare numerosissimi adempimenti a carico dei cittadini e delle imprese, introducendo la modalità telematica e indicandola come preferita. In questo modo il processo di ricerca del lavoro e selezione del personale si snellisce, facilitando l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

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Le novità della riforma del lavoro per il 2018

Nel 2018 verranno introdotte alcune novità in merito ai contratti a tutele crescenti a tempo indeterminato.

Come abbiamo già visto, il contratto a tutele crescenti 2018 è stato già introdotto a partire dalle assunzioni del 7 marzo 2015 e segue l’eliminazione di oltre 40 forme contrattuali estremamente precarie (da quella data, gli unici contratti accettati sono quelli a tempo indeterminato o a tempo determinato, apprendisti, somministrati, cococo e autonomi con partita IVA).

Il contratto con tutele crescenti, in effetti, ha eliminato per i nuovi assunti l’articolo 18, ma continua a garantire i diritti dei lavoratori: ferie e permessi, malattie, maternità, indennità di disoccupazione.

Qual è il risvolto negativo? Sicuramente il prezzo da pagare è la mancanza di certezza per il lavoratore assunto con il contratto a tutele crescenti, che si otterrà solo dopo un certo periodo (dopo 3 anni o crescente a 6, 12 o 15 anni in funzione degli anni di servizio o dell’età del lavoratore).

Durante questo periodo, il lavoratore può essere licenziato liberamente dall’azienda, ma non per motivi discriminatori o ingiustificati (in questi ultimi due casi si salvaguarda il diritto al reintegro).

I vantaggi per le aziende sono evidenti: una serie di sconti fiscali (es. i nuovi bonus assunzioni 2018 prevedono 3 anni di sgravi contributivi per chi assume giovani under 35 per l’anno 2018), la possibilità di licenziare il dipendente in caso di crisi, pagando solo l’indennità di licenziamento e senza dover obbligatoriamente richiedere l’intervento di ammortizzatori sociali (i lavoratori avranno comunque la Naspi).

Insomma, un sistema più snello, ma sicuramente da migliorare.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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