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Licenziamento e dimissioni: tutte le differenze

Quando si parla di licenziamento e dimissioni si fa riferimento a due delle cause previste dalla legge che conducono all’interruzione di un rapporto di lavoro.

Si tratta di un argomento delicato, che non è semplice affrontare, ma che, in ogni caso, non bisogna trascurare, perché ogni rapporto di lavoro potrebbe estinguersi e per diverse motivazioni: scadenza dei termini del contratto, difficoltà congiunturali o strutturali dell’azienda, esigenze del lavoratore, cause di forza maggiore, impossibilità sopravvenute.

In questo approfondimento scritto dalla nostra Agenzia del Lavoro, affronteremo due delle ragioni più frequenti: il licenziamento e le dimissioni, trattandoli attraverso l’osservazione delle loro differenze.

Le differenze tra dimissioni e licenziamento

In linea di massima e in termini molto generali, si parla di licenziamento se è l’azienda a voler sciogliere il contratto di lavoro e di dimissioni, quando, al contrario, è il lavoratore che desidera recedere dal contratto.

Ovviamente, esistono una serie di leggi e di norme del codice civile che regolano questi due istituti e spesso ci si chiede è se conviene dare le dimissioni oppure farsi licenziare. È proprio dalle norme che si deve partire per capire quali sono le differenze e le conseguenze di ciascuna decisione.

Iniziamo subito con alcune delle differenze sostanziali tra dimissioni e licenziamento.

1. Motivazioni e giusta causa

Sebbene il Jobs Act abbia previsto alcune modifiche in merito, il licenziamento deve essere comunque giustificato da motivazioni valide (indicate dai CCNL oppure individuati da un eventuale giudice), non discriminatorie, né ingiuste, mentre le dimissioni possono essere presentate dal lavoratore per diversi motivi, personali o professionali.

2. Preavviso e data di decorrenza

La legge prevede che vi sia un preavviso per il licenziamento. Il periodo di preavviso licenziamento è indicato dai contratti collettivi di categoria e varia anche in base alle qualifiche e all’anzianità di servizio del lavoratore. Anche per le dimissioni è necessario un periodo di preavviso, che il lavoratore deve rispettare, pena il pagamento al datore di lavoro un’indennità economica (l’eccezione è individuata nel caso sussista una giusta causa, ad esempio, il mancato pagamento di stipendio o contributi al lavoratore).

3. Modalità di comunicazione

Licenziamento e dimissioni devono essere comunicati entrambi in forma scritta. La comunicazione delle dimissioni deve avvenire in forma scritta al datore di lavoro che ha 30 giorni di tempo per convalidarle (sebbene la lettera di dimissioni produca i suoi effetti già nel momento in cui viene comunicata al datore di lavoro), così come la la lettera di licenziamento, che deve essere comunicata per iscritto dal datore di lavoro al dipendente (anche se dirigente) e deve contenere i motivi per i quali si desidera procedere al licenziamento.

4. Effetti

Le dimissioni hanno effetto nel momento in cui viene data comunicazione al datore di lavoro, possono essere revocate, ma solo con il consenso del datore di lavoro, mentre il licenziamento è valido solo alla conclusione del periodo di preavviso previsto dal contratto.

Meglio dimettersi o licenziarsi?

La risposta non è semplice perché ogni caso è diverso dall’altro e ciascun lavoratore potrebbe avere esigenze specifiche che potrebbero non essere valide in altri casi. Pertanto, possiamo semplicemente limitarci ad indicare le conseguenze di licenziamento e dimissioni.

In caso di dimissioni da parte del dipendente, si perde il diritto al Naspi (indennità di disoccupazione), salvo nel caso in cui il licenziamento da parte del dipendente sia avvenuto per giusta causa. In quest’ultimo caso, accertata la presenza dei motivi previsti dalla legge, si può richiedere l’indennità di disoccupazione.

In caso di licenziamento invece, si avrà sempre diritto alla Naspi, anche se il licenziamento avviene a causa del dipendente, poiché si tratta comunque di una decisione del datore di lavoro.

Pertanto, la risposta, come già detto, dipende dalle diverse situazioni che possono generarsi.

Ad esempio, nel caso in cui il lavoratore goda di prospettive di reddito futuro certo (nuovo lavoro già contrattualizzato, rendite immobiliari, ecc.), non è necessario ricorrere al licenziamento e alla conseguente indennità di disoccupazione; diverso è il caso in cui il lavoratore sia indotto a rassegnare le dimissioni a causa di mobbing da parte del datore di lavoro o dei propri colleghi, insomma, esistono molte variabili che rendono difficile stabilire cosa è più giusto fare.

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