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I lavori del futuro, quali e come saranno?

Uno studio McKinsey rivela che il 40% dei lavoratori a livello mondiale, soprattutto millennial e giovani della generazione Z, è intenzionato a cambiare lavoro nei prossimi mesi, stufi di dinamiche lavorative ormai superate. Ma quali saranno i lavori del futuro e cosa cambierà nel mondo professionale? Scopriamolo in questo articolo.  

Nuove professioni, cosa faranno i professionisti di domani? 

In un paper di maggio 2022, curato dal WEF in collaborazione con  Accenture, dal titoloJobs of Tomorrow: The Triple Returns of Social Jobs in the Economic Recovery, emerge l’importanza strategica dei social jobs e, cioè, tutti quei lavori che rientrano nella sfera sociale e nella cura della persona come, ad esempio:

  • Psicoterapeuta
  • Assistente sociale per l’infanzia e la famiglia
  • Operatore per il benessere dei bambini
  • Terapeuta/counselor
  • Assistente sociale per la salute mentale e l’abuso di sostanze
  • Assistente sociale medico

Difatti, se si pensa al contesto dell’economia globale (ancora in ripresa dalla pandemia del 2020 e nella morsa della guerra in Ucraina) e che la popolazione mondiale raggiungerà gli 8,5 miliardi di persone entro il 2030, i servizi di base (sanità, cura e assistenza a bambini e anziani, istruzione, ecc.) dovranno crescere di pari passo con la crescita della popolazione.  

Tuttavia, quello sociale non è l’unico settore a garantire lavoro in futuro. Secondo lo studio pubblicato dal World Economic Forum (WEF) col titoloJobs of Tomorrow: Mapping Opportunity in the New Economy” sono 7 i settori in cui si svilupperanno i lavori del futuro e che richiederanno un preciso set di competenze, sia tecniche (skill digitali), sia di business, sia “umane” (soft skill):

  • Data & AI
  • Care Economy
  • Green Economy
  • Engineering & Cloud Computing
  • People & Culture
  • Product Development
  • Sales
  • Marketing & Content

Come saranno i lavori del futuro? 

Al di là di quali saranno i settori del futuro che offriranno più opportunità di carriera, il mondo del lavoro sta vivendo un radicale cambiamento.  

Se gli anni ’20, segnati dalla crisi del ’29, sono ricordati per la grande depressione, gli ultimi due anni, con la crisi sanitaria dovuta alla pandemia, saranno ricordati per il fenomeno denominato The Great Resignation: la grande dimissione.

Basti pensare che solo nel nostro Paese le dimissioni sono cresciute di oltre un terzo rispetto al 2021, come rileva l’Osservatorio sul precariato dell’Inps. 

Ma cosa ha innescato tutto questo? C’è stato sicuramente un riassetto delle priorità nei giovani lavoratori. Al primo posto non c’è più una cieca venerazione del lavoro, c’è la qualità della propria vita e la ricchezza del proprio tempo.   

Il lavoro del futuro è ridimensionato a un contesto più ampio in cui la tirannia del “tempo è denaro” acquista un valore nuovo: la flessibilità, che si traduce nella serenità del benessere psico-fisico, nell’appagamento delle relazioni personali e nel nutrimento delle proprie passioni e dei propri interessi. Tutto ciò rientra in un’ottica di crescita personale che non viene più relegata solo e unicamente alla sfera lavorativa.  

Il sondaggio condotto dalla catena alberghiera Hilton su mille persone tra i 18 e i 41 anni rivela che per i millennial e la generazione Z, in Italia, il lavoro del futuro è quello che dà la possibilità di viaggiare, che ha orari flessibili e che si fonda sul raggiungimento di obiettivi precisi.  

Circa per il 61% degli intervistati è importante poter gestire il proprio tempo. L’87% dà priorità alla salute mentale al punto che il 18% ha rivelato di aver pensato di cambiare lavoro nell’ultimo anno perché preoccupato per il proprio benessere psicologico

Tutto questo dimostra che c’è bisogno di tracciare nuovi modelli di lavoro, più sani per creare mercati del lavoro forti e con le dovute garanzie. 

È necessario tener conto dei cambiamenti culturali e demografici che influenzeranno la nascita di nuovi ruoli e nuovi scenari lavorativi, augurandoci che il fenomeno delle grandi dimissioni sarà un mezzo per progettare luoghi di lavoro che soddisfino realmente le esigenze di tutti, inclusivi e non oppressivi.

 

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