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Fringe Benefit e Welfare aziendale, i rischi da evitare

Uno spettacolo teatrale a diverse decine di km dalle residenze dei lavoratori, bonus cultura quando manca una corretta illuminazione nel garage aziendale, sconti sulle palestre quando è più avvertita la necessità di un nido aziendale. Sono tanti gli errori che si possono commettere nell’attivazione di strumenti legati al welfare dei lavoratori o dei fringe benefit erogati al personale dipendente.

Il problema è stato evidenziato nel corso di un webinar dedicato ai professionisti del mercato del lavoro, organizzato da FMTS Lavoro in collaborazione con FMTS Formazione. In cattedra sono salite:  Michela Trocchia, HR Manager presso la società metalmeccanica Abete di Nola, e Sara Sasso, già responsabile delle Risorse Umane in diverse società italiane ed internazionali.

Un’analisi indispensabile

Gli errori in questione nascerebbero dalla mancanza di ascolto. Non si tratta esclusivamente di fare delle semplici consultazioni dei lavoratori ma di un vero e proprio piano, un’indagine prima di entrare nel merito di cosa e quanto erogare.

Ma come si articola quest’analisi? Va prima di tutto individuato il contesto aziendale, dove si trova l’impresa? In quale tipo di contesto territoriale?

Un aspetto non secondario è verificare se all’interno dell’azienda ci sono rappresentanze sindacali, se vi sono più donne o uomini, più famiglie o singoli e quali fasce di età occupano.

“Una volta conclusa questa indagine demografica e raccolte tutte le informazioni si possono proporre delle soluzioni, condividendole con i vertici aziendali e con i potenziali beneficiari”, ha indicato la Sasso.

Nel corso dell’evento si è poi fatto riferimento al welfare con una visione più ampia: sentirsi bene nel ruolo che si occupa, sentirsi bene in una relazione, vedere soddisfatti i propri bisogni personali. Ma alla fine non si rischia troppo buonismo che incide sulla produttività? Detto in altro modo, per effetto di questa estrema ricerca di benessere del lavoratore, non possono saltare le gerarchie e più in generale le strutture organizzative? “Non credo”, ha risposto la Trocchia, “occorrono una serie di regole che devono essere condivise”. Un altro ingrediente essenziale è rappresentato da incarichi e carichi di lavoro (job description) ben precisati.

Ma qual è il benefit più apprezzato all’interno dell’azienda? “L’auto, ma anche l’asilo nido e i servizi per l’infanzia stanno diventando una necessità”, ha indicato la Responsabile del personale di Abete. 

Sotto il profilo economico il benefit, se strettamente rispondente alle esigenze del lavoratore, dovrebbe essere teoricamente più apprezzato dell’aumento di stipendio. Le aziende, inoltre, attraverso acquisti massivi dovrebbero avere accesso a prezzi più favorevoli.

Il lavoro va sempre più verso una relazione di maggiore equilibrio fra i tempi di impiego e quelli di vita, e il benefit si inserisce proprio in questo contesto.

Come spendere 100 euro sul lavoro

Ma le nostre esperte, se fossero consigliere del Governo e avessero “100 euro” da spendere, come impiegherebbero queste risorse?

Le scelte possibili sono: il taglio al cuneo fiscale, il sostegno alle categorie svantaggiate (uomini over 50, giovani e donne) o il welfare aziendale.  La Sasso concentrerebbe tutte le risorse su un nuovo modello di lavoro, “smart working e congedo parentale” per poter migliorare in modo significativo la qualità del lavoro. Rivoluzionaria anche la scelta della Trocchia per la quale i 100 euro andrebbero per almeno 60 a fringe benefit e welfare, 30 a sostegno delle categorie svantaggiate e 10 al taglio del cuneo fiscale.

Giuseppe Di Vittorio
Giornalista

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